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Palazzo Ansermin

STATO ATTUALE Assetto storico Risulta abbastanza complesso risalire alla data di edificazione di questo fabbricato: appare certa la sua presenza nell’elaborato grafico di Jean Baptiste De Tillier del 1730 dove nel suo “Plan del citté d’Aoste, de se faux-bourgs e de leurs environs, dans leur estat present. MDCCXXX.” l’edificio risulta essere presente e lo storico Alessandro Liviero nella sua relazione e ricerca storica effettuata nel corso dell’anno 2005 certifica l’inizio della costruzione nel corso dell’anno 1688.

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Culto e restauro

Palazzo Ansermin

Client: Palais Ansermin

2019-2024

Palais Ansermin

STATO ATTUALE Assetto storico Risulta abbastanza complesso risalire alla data di edificazione di questo fabbricato: appare certa la sua presenza nell’elaborato grafico di Jean Baptiste De Tillier del 1730 dove nel suo “Plan del citté d’Aoste, de se faux-bourgs e de leurs environs, dans leur estat present. MDCCXXX.” l’edificio risulta essere presente e lo storico Alessandro Liviero nella sua relazione e ricerca storica effettuata nel corso dell’anno 2005 certifica l’inizio della costruzione nel corso dell’anno 1688.

Ricostruzione assonometrica della planimetria del De Tillier di M. Ansaldo L’edificio è presente anche nella mappa del 1853 redatta da Edouard Aubert. Pare essere presente anche nel dipinto di autore anonimo del XVIII secolo, conservato presso la sala della giunta regionale della Valle d’Aosta, che descrive il panorama della città. Risulta invece di complessa identificazione nella rappresentazione del “Theatrum Sabaudiae”. Lo storico Alessandro Liviero nell’anno 2005 ha realizzato per conto del Condominio un’accurata e approfondita ricerca storica (Histoire du Palais des barons de Nus) che ha permesso di ricostruire le vicende storiche e costruttive dell’intero edificio monumentale. Secondo Liviero durante il Medio Evo pare esistessero “due edifici medievali che vennero eretti prospicienti alla Via Cita e divisi tra loro da un passaggio comune, probabilmente coperto chiamato in patois “l’alliou”. Lo stesso passaggio coperto che verrà mantenuto nel XVII secolo e inglobato nella volumetria del palazzo.” Ortofoto da rilievo fotogrammetrico con laser-scanner Proseguendo nell’esame del testo di Liviero pare certa la ricomposizione di due palazzi medievali durante il XVII secolo effettuato da François-René de Nus. Aosta, Via Porte Pretoriane inizi del 1900. L’immagine d’epoca riportata sopra non chiarisce in modo inequivocabile l’assetto complessivo dell’edificio, ma consente di affermare che già allora il piano terreno era utilizzato da attività commerciali e che alcune aperture erano già ad altezza di vetrina; si nota sullo sfondo l’assetto delle Porte Pretoriane per attraversare le quali era disponibile il solo arco basso settentrionale, poiché la parte centrale delle porte era occupata da abitazioni. La facciata settentrionale settecentesca del palazzo ha subito alterazioni limitate e mantenuto un assetto di “non finito”: la facciata era stata pensata e progettata per essere intonacata e probabilmente gli alti costi necessari al completamento ne differirono la finitura che non è mai più stata realizzata. Da l’”Histoire du Palais des Barons De Nus” di Alessandro Liviero, già citato, si possono apprendere molte informazioni necessarie alla comprensione della genesi di questo interessante e importante edificio che connota una parte significativa del centro storico di Aosta. Liviero ha potuto esaminare una mole importante di documenti presso gli archivi notarili che documentano il possesso e la costruzione dell’edificio attribuita a François-René de Nus nominato barone nel 1684: costui già risiedeva in una importante abitazione sita sull’attuale Via Sant’Anselmo (allora Bourverney) e grazie a ingenti somme di cui disponeva poté acquistare, non senza fatiche, tutte le proprietà degli edifici e dei terreni antistanti a meridione da Jean Théodore Reverdin il quale, a causa di debiti contratti con il gioco d'azzardo, dovette vendere i beni di Via Cita (l’attuale Via Porte Pretoriane) che aveva faticosamente accorpato con acquisizioni e permute. Il barone di Nus acquistò gli immobili nel 1685 e iniziò la costruzione del palazzo che gli causò importanti difficoltà economiche di liquidità conducendolo alla necessità di un ingente prestito dalla casa reale con una garanzia ipotecaria legata ai beni posseduti sul territorio della Valle d’Aosta. Il palazzo vide l’inizio della costruzione nel 1688; Liviero ci dice di non avere reperito documentazione relativa al nome del progettista e nemmeno informazioni sulle fasi costruttive e sul computo metrico estimativo dei lavori. Liviero riporta anche molte note relative alla stipula di contratti notarili che conducono a comprendere alcuni spazi del piano terreno. Attraverso le ricerche di Liviero e le conferme dell’analisi archeologica degli elevati è possibile affermare con certezza la presenza antica di almeno due costruzioni adiacenti e di un ampio corridoio che collegava Via Cita a Plove (Via Porte Pretoriane a Piazza Plouves). Gli edifici antichi precedentemente presenti erano di origine medievale e tale conferma deriva dal fatto che sono individuabili le chiavi di volta di aperture a doppia carena con rinforzo centrale oltre agli stipiti in blocchi di pietra arenaria. Il Palazzo, alla morte del barone di Nus, passò al figlio legittimo Marie Georges Philibert de Nus che ereditò anche i debiti contratti dal padre: egli visse in prevalenza a Torino riservando al palazzo di Aosta la sua residenza temporanea. È documentato che a sud il verger divenne un importante giardino con frutteto circondato da alte mura di cinta. Marie Georges Philibert ebbe una sola figlia, Marie Gabrielle Bernardine, alla quale il barone lasciò in eredità il palazzo di Aosta che dall’anno 1712 ospitava la dogana della città, si può quindi ritenere che la proprietà avesse affittato diversi locali alla dogana. La Famiglia Ansermin di Valpelline annovera tra i suoi antenati il notaio Jean Léonard che acquistò il “Palais des barons de Nus” probabilmente intorno al 1755: Liviero evidenzia di non avere trovato l’atto di vendita da parte degli eredi di Giuseppe Galeazzo Scarampi di Pruney (marito della figlia di Georges Philibert de Nus) i quali divennero proprietari dell’edificio per eredità della Marie Gabrielle Bernardine. Nella memoria collettiva il palazzo oggi è ricordato come “Palais Ansermin” ed è il nome dato al condominio. Descrizione dell’edificio L’edificio è collocato all’interno della cinta muraria romana della città di Aosta, in prossimità delle Porte Pretoriane romane, esso affaccia con il suo fronte settentrionale sul lato meridionale di Via Porte Pretoriane. Si tratta di un edificio di grande complessità architettonica, tipologica e storica che ha un peso rilevante sotto il profilo paesaggistico e ambientale nella città. L’edificio, come evidenziato nei paragrafi precedenti, ha una storia pluri-secolare che è caratterizzata anche sulla facciata non finita, di cui questa relazione di progetto individua i criteri per il suo restauro conservativo. Si tratta di fatto di restaurare la facciata su via, il corridoio/androne (Nell’architettura moderna, l’androne è l’ambiente di passaggio dal portone d’ingresso della casa alle scale e al cortile – Dizionario Treccani) che collega Via Porte Pretoriane con Piazza Plouves e di inserire un nuovo cancello pedonale in prossimità del grande portone ligneo di accesso all’androne stesso: questi i compiti assegnati al mio studio professionale dall’assemblea condominiale. L’edificio presenta una composizione articolata caratterizzata da due corti interne, una delle quali piuttosto ampia sulla quale prospetta il loggiato nobile del primo piano, e dal grande scalone nobile qualificato da balaustre in ferro battuto di pregevole fattura e da pavimentazioni in bardiglio di elevata qualità. Lo scalone conduce alla loggia occidentale del primo piano dalla quale è possibile accedere di fatto a tutti gli appartamenti, esso è coperto da una volta a padiglione impostata sulla base quadrata. Dal secondo pianerottolo, attraverso una bucatura e una scala, in parte appoggiata sulla muratura, si accede al ballatoio meridionale che permette di accedere agli alloggi della parte orientale meridionale; raggiunto invece il primo piano e percorso il loggione con asse sud-nord un androne perpendicolare al loggione stesso consente di raggiungere il ballatoio che dà accesso agli alloggi della parte orientale settentrionale. Tutto l’impianto architettonico e tipologico interno dell’edificio è stato purtroppo stravolto dal frazionamento della proprietà avvenuta nel tempo, il quale ha comportato un incremento delle superfici per un assetto speculativo: lo stravolgimento ha comportato in particolare la realizzazione di un solaio misto sul corpo settentrionale che ha moltiplicato le superfici utili ed eliminato gli spazi nobili a grande altezza e coperti allora probabilmente da volte a padiglione; alcuni spazi fortunatamente sono ancora visibili presso l’appartamento centrale che ha accesso dal grande androne del primo piano, in particolare la stanza dalla quale si accede al grande balcone del primo piano presenta una volta a botte che ripropone la tipologia del loggione dove l’intersezione con gli archi del loggiato hanno generato volte a crociera analoghe a quelle dell’androne del piano terreno. Gli appartamenti e gli spazi che affacciano sulla corte orientale hanno una qualità architettonica di minore interesse a causa della frammentazione e della presenza di scale esterne in cemento armato che collegano i ballatoi presenti ai vari livelli: anche in questo caso si trattò di uno stravolgimento realizzato per aumentare le superfici utili e generare maggiori profitti immobiliari. Sezione sul corpo scala ricavata da elaborato dell’Architetto Dayna Giuffré presso la Soprintendenza Descrizione della facciata settentrionale Si tratta certamente di una facciata barocca, unica nel suo genere in città, definita in origine da quattro ordini distinti: un piano terreno, contraddistinto oggi da spazi commerciali, un piano ammezzato di cui le due parti a est del portone e tutta la parte occidentale sono direttamente collegate con il piano terreno (la parte più orientale è occupata da un appartamento di proprietà della Regione Autonoma della Valle d’Aosta, da ora in poi R.A.V.A.). La facciata è caratterizzata da un aspetto “non finito” che dona, a mio parere, un fascino particolare all’edificio: essa mantiene in evidenza le imperfezioni murarie del periodo medievale e permette di comprendere l’eleganza complessiva che il progettista volle per la facciata principale di questo edificio. La composizione con parti in laterizio, caratteristica del Piemonte, offre un particolare esempio di come il Barone di Nus avesse il gusto per il barocco piemontese anche supportato dalla sua affinità con la famiglia Del Carretto che fece realizzare diversi edifici in Piemonte durante il millesettecento. Rimane così in evidenza la tessitura muraria in pietra dell’edificio che offre la possibilità di comprendere le diverse fasi costruttive e le componenti precedenti all’edificazione del palazzo, mettendo in risalto la differente texture delle pietre costitutive il paramento murario: alcune pietre sembrano direttamente cavate dalla Dora per la loro rotondità, altre invece hanno caratteristiche da spacco. Come segnalato dall’archeologa sono anche evidenti alcune aperture medievali a doppia carena rovesciata (probabilmente delle bifore con incrocio di un traverso centrale) di simile fattura di quelle presenti nel borgo di Bard. I l piano terreno in origine doveva avere doppia altezza in tutti gli ambienti come dimostra lo spazio oggi occupato dalla gelateria all’estremità occidentale del piano terreno del palazzo; gli spazi occupati dal negozio di calzature (le due vetrine a ovest del portone) e la vetrina e la finestra del negozio di tessuti a est del portone possiedono un soppalco interno che permise l’aumento delle superfici utili di questi ambienti. Lo spazio della gelateria presenta ancora il soffitto voltato. Pare che il palazzo possedesse in origine una cappella di famiglia che poteva trovarsi al primo piano, lato meridionale, in spazi di proprietà regionale attualmente occupati dal coro delle Penne Nere. Il piano nobile dell’edificio è quello che ho definito primo piano (distinguendolo dal piano ammezzato), esso è caratterizzato in facciata dalle grandi aperture verticali sormontate da cornici a timpano curvo o triangolare alternati: essendo le aperture in numero di nove, dispari quindi, fu possibile partire a est con timpano curvo e terminare con la stessa tipologia ad ovest. Purtroppo internamente tutti gli ambienti nobili furono irrimediabilmente compromessi dalla demolizione delle volte che conferivano certamente aulicità agli spazi; l’appartamento che possiede il balcone nobile al primo piano e che occupa le due aperture a est del balcone, come riferito in precedenza, ha fortunatamente ancora in vista la volta a botte con lunette che si sovrappone all’androne sottostante, questo spazio è di grande interesse e documenta che esso era aperto verso il loggiato interno e proseguiva fino alla facciata meridionale, infatti la pavimentazione interna, in lastricato di pietre ad “opus incertum” è identica a quella del loggiato; il sopralluogo effettuato mi ha permesso inoltre di osservare i sondaggi stratigrafici effettuati, in particolare tra la volta e la muratura di tamponamento, i quali evidenziano il mancato ammorsamento della parete in laterizio a quelle laterali e la conferma che si trattava di un unico ambiente che consentiva al nobile proprietario di affacciarsi verso la città oppure, raggiungendo il fronte meridionale, verso il suo verger. La facciata è confinata da due lesene in laterizio (quella occidentale in parte compromessa) che generano slancio all’edificio e probabilmente, se intonacate, avrebbero offerto un effetto bugnato. Il portone di accesso principale dalla città verso Via Porte Pretoriane è confinato da due lesene in pietra raddoppiate in profondità la cui funzione è anche di dare supporto alle grandi mensole scolpite di sostegno al balcone del piano nobile. Il portone in legno di noce originale è sormontato da un arco concluso da una grata in ferro battuto che appoggia su un architrave in legno; la mensola centrale del balcone è stata danneggiata ed è perduta la parte di testa. La chiave di volta dell’arco che sormonta il portone si è leggermente distaccata ed è scesa di alcuni centimetri. Il balcone occidentale è successivo e probabilmente realizzato nel periodo terminale del 1800, esso, pur se realizzato in pietra con due grandi mensole, non appare coerente alla tipologia architettonica dominante e il suo parapetto è di foggia semplice e non coerente con quello del balcone nobile e dello scalone monumentale. Il grande balcone presenta evidenti segni di muschi e muffe generate dalla mancata pulizia unita al fatto che la protezione dalla pioggia del balcone è alquanto limitata e dal fatto che questo fronte non è mai esposto al sole. Stato di conservazione Facciata settentrionale La facciata principale dell’edificio presenta un deterioramento superficiale dovuto fondamentalmente al deposito di pulviscolo atmosferico “secolare” e alla mancata manutenzione. Esiste anche un problema di danneggiamento meccanico per incuria in particolare sui davanzali modanati delle finestre e sulle lesene che coronano l’ingresso principale e il portone, oltre ad alcuni dilavamenti sulle cornici sommitali dovute probabilmente a perdite dei canali di gronda. I fori pontieri, molto profondi, ospitano i nidi di volatili di diverse specie che contribuiscono ad aumentare il degrado con le loro feci: si tratta quindi di depositi biologici evidenti con colature estese. I volatili si insediarono anche sopra alle cornici del piano nobile: per questa ragione sono presenti dissuasori a punta in metallo sopra alle cornici che generano certamente contrasto con l’architettura della facciata. Tutti i serramenti più antichi, la cui datazione è probabilmente attribuibile ai primi anni del XX secolo, essendo i locali in condizioni di abbandono, sono notevolmente deteriorati e presentano parti che non combaciano più con le gole di chiusura. Oggi i serramenti si presentano anche con tipologie differenti: un serramento degli spazi del quarto ordine è addirittura in PVC, quello adiacente a questo è in legno douglasia; anche la tipologia di quelli lignei è abbastanza differente sotto il profilo delle partizioni: la disomogeneità complessiva delle componenti trasparenti è marcata e genera disordine su questa importante facciata: questo fenomeno fu causato certamente dal frazionamento della proprietà a causa della quale ogni proprietario intervenne autonomamente nelle trasformazioni e nelle sostituzioni. Devo riferire anche che furono sfondate le murature interne ai timpani delle cornici per realizzare aperture ad arco o a timpano per gli appartamenti a quel livello realizzati. Il condominio costituito ha affrontato il tema del restauro della facciata meridionale che ha garantito la possibilità della sostituzione dei serramenti in modo omogeneo: anche questo progetto si propone di uniformare la tipologia dei serramenti con infissi affinché la facciata riprenda omogeneità complessiva. La facciata è molto compromessa anche dalla presenza di cavi elettrici e da scatole di derivazione che ne dequalificano l’immagine e la cui eliminazione al momento risulta di complessa definizione; l’intervento proposto da CVA al comune di Aosta nella cessione dei corpi illuminanti pubblici, pur migliorando sensibilmente l’ordine, non garantisce l’eliminazione. Le chiavi metalliche presenti in facciata che garantiscono la tenuta delle murature dovranno essere ripulite e protette con liquidi specifici. Sono presenti diverse lacune murarie che devono essere risarcite con pietre e legate con malta di calce. Sono evidenti anche diversi ripristini effettuati con “cemento pronto” che devono essere eliminati e risarciti con malta di calce. Gli stipiti delle aperture del secondo e terzo ordine sono attualmente intonacate e sono sovrapposti diversi strati di pittura: si dovrà provvedere all’eliminazione delle pitture raggiungendo lo strato di intonaco originario per consolidarlo e ridipingere gli stipiti con pittura minerale di calce. Gli spazi del primo e del secondo ordine della facciata, tra una bucatura e la successiva, sono intonacati in modo grezzo: esso andrà ripulito, risarcito e tinteggiato con un colore simile a quello delle pietre. In evidenza anche il fatto che un pluviale fu spostato durante il rifacimento strutturale e del manto della copertura e che esso ha lasciato un segno evidente sulla parte alta della facciata e che il suo innesto nella parte bassa dell’edificio è stata occupata da un porta-bandiere utilizzato dalla gelateria. Il cornicione nella parte mediana della facciata presenta una condizione che lascerebbe quasi presagire una sua pulitura, parrebbe invece che una perdita dal canale di gronda abbia fatto dilavare acqua in modo copioso su quella parte di cornice; la condizione generata da acqua che ha dilavato può dare corretta indicazione dell’effetto che genererà la pulizia della facciata. La cornice timpanica curva della terza finestra da ovest del terzo ordine e del cornicione soprastante sono fessurati in modo consistente e questa lesione deve essere suturata con iniezioni di malata di calce consolidate, la lesione si è probabilmente generata dal mutuo movimento di parti murarie giustapposte e non ammorsate. Le pietre laterali alle bucature del terzo ordine e quelle superiori alle aperture del quarto ordine che dovevano essere il supporto delle decorazioni a stucco sono particolarmente degradate e in alcune parti mancanti. Le lesene laterali in laterizio, già precedentemente descritte presentano sigillature di parti metalliche ancora innestate e che andrebbero eliminate; esiste poi nella lesena orientale una accentuata fessura in corrispondenza della prima bucatura orientale del terzo ordine, in alcuni punti inoltre sono assenti i giunti di malta di fissaggio tra un corso di mattoni pieni e il successivo Il balcone nobile presenta intonaco di calce per un’altezza di circa 160 centimetri: l’intonaco è molto sporco (l’intonaco probabilmente fu realizzato dai proprietari dell’appartamento qui collocato per un miglioramento igienico, segnalo che per molto tempo gli appartamenti del palazzo erano affittati a famiglie con reddito molto basso le quali avevano certo poca cultura e mostravano scarso interesse all’aspetto storico culturale architettonico dell’edificio). Per la definizione del degrado dei serramenti si rimanda alla tavola di esplicitazione dell’abaco con la proposta progettuale di uniformazione: si prevede la sostituzione di tutti i serramenti con nuovi in legno di abete lamellare impregnati di colore noce. Androne (“Alliou”) Le pareti dell’androne sono notevolmente degradate da diversi agenti: rotture in traccia con risarcitura in malta a base cementizia, graffiti realizzati con bombolette spray, graffiti con solchi meccanici, forature oppure graffi generati dall’appoggio di biciclette, tinteggiature sporche e non omogenee, cornici di imposta delle volte rotte nelle parti di sommità e degradate da rotture in molte altre parti, fili elettrici esposti e poco coerenti, corpi illuminanti superati e in parte degradati, tinteggiature grigie realizzate per occultare scritte varie. La pavimentazione in pietra dell’androne presenta i giunti completamente scollegati e privi di malta, essa inoltre mostra una notevole quantità di macchie nere dovute all’incollaggio delle gomme da masticare sputate sul suolo che ritengo debbano essere eliminate. Relazione Archeologica della Dottoressa Cinzia Joris La relazione archeologica conferma le indicazioni storiche riportate da Alessandro Liviero nelle sue ricerche sull’edificio: risulta evidente la presenza di due edifici medievali che precedettero la costruzione dell’attuale edificio da parte del proprietario François-René de Nus nel 1688. In particolare il dialogo con l’archeologa ha permesso di evidenziare e confermare la presenza di aperture medievali a doppia carena con croce intermedia evidenti nella parte del piano ammezzato a est del portone dell’androne. Si può inoltre affermare che un palazzo di consistenti dimensioni di epoca medievale fosse già presente tra i settori 2, 3 e 4 riferiti dall’archeologa Cinzia Joris: risulta abbastanza evidente che le aperture voltate tamponate avessero quota identica e fossero presenti nei tre settori indicati in precedenza. Anche il grande arco di scarico presente sopra la cornice della porta finestra che dà accesso al balcone nobile dell’edificio documenta un arco antico che determinava il passaggio, il collegamento tra Via Cita e Plove (le odierne Via Porte Pretoriane e Piazza Plouves). Molto interessante è la definizione delle sette fasi costruttive definite dall’archeologa e che sono rappresentate nell’elaborato grafico tavola 1 Valutazioni stratigrafiche dell’androne effettuate dal restauratore Stefano Pulga Il restauratore Stefano Pulga nella sua “relazione tecnica sui sondaggi stratigrafici delle murature della facciata sud e delle corti interne del Palazzo Ansermin di Aosta” datata 30 maggio 2005 in riferimento all’androne segnala che: “le pareti e le volte sono ricoperte da varie scialbature, e comunque lo stato settecentesco è estremamente annerito e coperto da scritte, depositi organici ecc. Fino a circa metri 1,80 dal piano di calpestio la malta originale è stata soppressa e rimpiazzata con malta bastarda a base di sabbia calce e cemento, la cui finitura “frattazzata” non ha niente a che vedere con la levigatezza dello strato antico. Per l’intervento egli suggerisce di rimuovere meccanicamente le scialbature sovrapposte alla materia originale delle decorazioni con effetto marmorino e delle pareti con malta lisciata beige. Io sottolineo che nel tempo il degrado è aumentato (come ho evidenziato anche nel capitolo specifico dello stato di conservazione): sono state realizzate scalfiture per il passaggio di condutture elettriche e i ripristini sono stati realizzati con malta cementizia, le cornici di imposta della volta a botte sono tutte notevolmente danneggiate dall’incuria e certamente da danni provocati. PROGETTO DI RESTAURO I Ponteggi a servizio di edifici storici da restaurare devono essere allestiti “su misura” in quanto le manutenzioni e i restauri sono lavorazioni molto delicate che impiegano solitamente un tempo prolungato e pertanto è di fondamentale importanza assicurare il massimo agio alle maestranze che devono utilizzare il ponteggio; sarà necessario progettare e allestire il ponteggio in modo che risulti il meno visibile possibile agli abitanti e ai potenziali visitatori. Il ponteggio dovrà essere dotato di impianto di acqua corrente e scarichi idrici: si potranno utilizzare le adduzioni e gli presenti negli appartamenti del fronte settentrionale, oggi completamente disabitati, passando attraverso le aperture. Il fronte su Via Porte Pretoriane dovrà essere munito di teli protettivi e dal primo livello anche di una mantovana a sbalzo per impedire la caduta al suolo di oggetti e prodotti allontanando quindi il rischio di danni alle persone. Ritengo che il ponteggio debba essere realizzato anche nell’androne con tubi a giunto per realizzare il piano di lavoro per le volte: i montanti dovranno essere opportunamente distanziati dalle pareti per garantire la possibilità di intervento sulle stesse, il percorso centrale quindi sarà ridotto a circa 150 centimetri e anche in questo caso si dovranno disporre teli; per il ponteggio dell’androne sarà necessario provvedere ad un impianto di illuminazione specifico vista la ridotta luminosità acuita dei ponteggi e di teli. Facciata nord L’indagine archeologica effettuata ha permesso di evidenziare le fasi costruttive dell’edificio e di evidenziare diverse antiche aperture, quelle a chiglia rovescia di tipica realizzazione medievale presenti sul livello del secondo ordine ad est del portone principale, quelle tamponate con architrave ad arco presenti sopra le cornici del terzo ordine sul lato occidentale, i due grandi archi, il primo sopra la finestra centrale del piano nobile (terzo ordine, sopra al balcone), il secondo tra la seconda e terza bucatura del secondo ordine. Sono inoltre presenti giunti evidenti costituiti dalla giustapposizione di pietra come quello orientale tra il secondo e il terzo corso verticale delle bucature che determina in modo evidente anche le indicazioni emerse dagli studi storici di Alessandro Liviero. La pulizia generale della facciata condurrà senza dubbio alla riduzione dei giunti di malta di calce di allettamento delle pietre: su consiglio dell’Archeologo della Soprintendenza, Gabriele Sartorio, ritengo che mettere in evidenza ciò che è emerso dall’indagine archeologica sia da perseguire con la stilatura sotto livello dei giunti tra le pietre delle parti sopra descritte in modo da realizzare una maggiore profondità che garantisca la possibilità di lettura dei livelli archeologici. Durante i lavori pertanto l’obiettivo di valorizzare l’aspetto archeologico verrà perseguito con attenzione alla stilatura delle parti maggiormente evidenti. Deposito diffuso di pulviscolo atmosferico. Intervento di restauro: pulizia meccanica mediante sabbiatura e micro-sabbiatura; gel diluito con carbonato di ammonio con sepiolite per impacchi estesi alle parti in cotto. Il consolidante finale in silicato di etile dovrà essere steso a pennello anche al laterizio: la miscela dovrà dare origine a un reticolo di biossido di silicio in grado di riaggregare e riconsolidare il materiale lapideo senza dare origine a sottoprodotti di origine salina e senza formazione di pellicole ad ostacolo del passaggio del vapore acqueo. Per le parti in cotto in caso di scagliatura oppure esfoliazione si dovrà utilizzare un composto di nano-silici. La consulente restauratrice Sara Leuratti suggerisce che per la rimozione dei depositi, in alternativa all’idropulitura controllata, si può valutare la pulitura a vapore. Con il vapore si ottiene la dissoluzione per aumento di calore che permette, per esempio, di sciogliere cere e grassi. Anche patine biologiche possono essere rimosse con il vapore che ammorbidisce talli e croste ma solo dopo un efficace trattamento biocida per non propagare spore e semi. Il vantaggio del vapore è un bassissimo apporto d'acqua ed uno scarso aumento della temperatura nelle parti trattate. Danneggiamento meccanico per incuria in particolare sui davanzali modanati delle finestre e sulle lesene che coronano l’ingresso principale e il portone. Intervento di restauro: è stato ritenuto di non dovere procedere a integrazioni di parti mancanti, il fenomeno viene segnalato, ma si effettueranno eventuali risarcimenti conservativi laddove le mancanze generino degrado. Patine biologiche sul balcone nobile. Intervento di restauro: Impiego di Nasier lapideo 01, gel acquoso detergente per la rimozione dei licheni e muschi. Successivamente mettere in opera protettivo per la pietra a base di fluorurati evitando di collocarlo sulle parti verticali. Dilavamenti da perdite dei canali di gronda e dai pluviali: tale fenomeno si rileva sulla parte centrale del cornicione e probabilmente fu generato da una perdita dalla gronda oppure da scarsa attenzione durante la sostituzione della copertura. Intervento di restauro: pulizia estesa con impacchi di gel diluito con carbonato di ammonio con sepiolite e successivo consolidamento con miscela di silicato di etile. Fori pontieri, molto profondi, ospitano i nidi di volatili di diverse specie che contribuiscono ad aumentare il degrado con le loro feci: si tratta quindi di depositi biologici evidenti con colature estese. Intervento di restauro: saturazione dei fori con rinzaffo di malta di calce idraulica e arriccio, inserimento di rete in acciaio inox AISI 304 sotto-livello Serramenti con infissi esterni di foggia e materiali differenti. Intervento: si tratta della sostituzione integrale di tutti i serramenti lignei e in PVC presenti con nuovi in legno lamellare di pino di Svezia mordenzato colore noce. Murature interne ai timpani delle cornici sfondate. Intervento: tali aperture sono divenute le finestre alte degli appartamenti del terzo livello, si ritiene di non doverle ripristinare e di inserire internamente agli appartamenti i serramenti di chiusura. Presenza di cavi elettrici e di scatole di derivazione. Intervento: il riordino dei cavi pubblici è un intervento che effettuerà nel breve periodo direttamente CVA S.p.A. in accordo con il Comune di Aosta. I cavi elettrici privati verranno eliminati, ripuliti i fissaggi e i cavi di alimentazione dei singoli appartamenti dovranno essere condotti internamente e riorganizzati in modo razionale. Chiavi metalliche di tenuta dei tiranti. Intervento: pulizia con spazzola e protettivo trasparente opaco all’acqua Stipiti delle aperture del secondo e terzo ordine sono attualmente intonacate e sono sovrapposti diversi strati di pittura. Intervento di restauro: asportazione meccanica mediante abrasione leggera delle patine pittoriche fino al raggiungimento della malta di intonaco di origine. Stabilizzazione con riprese di malta di calce NHL 3,5 trattata a marmorino e successiva pittura a calce bianca. Gli spazi del primo e del secondo ordine della facciata, tra una bucatura e la successiva, sono intonacati in modo grezzo con intonaco a base cementizia. Intervento di restauro: demolizione degli intonaci cementizio con completa asportazione di ogni particella cementizia con abrasioni, soffiatura e utilizzo di getto d’acqua terminale; rinzaffo, arriccio e stabilitura con intonaco di malta di calce NHL 3,5 miscelata a inerti tonalizzati, pittura finale a calce di colore grigio e rigorosamente confezionata in cantiere da miscelare con una percentuale di grassello di calce stagionato per rendere più morbido l’impasto e simile all’originale (che era a grassello). Cornice timpanica curva della terza finestra da ovest del terzo ordine e del cornicione soprastante sono fessurati in modo consistente; la lesione si è probabilmente generata dal mutuo movimento di parti murarie giustapposte e non ammorsate. Intervento di restauro: questa lesione deve essere suturata con iniezioni di malta di calce consolidante, Pietre laterali alle bucature del terzo ordine e quelle superiori alle aperture del quarto ordine che dovevano essere il supporto delle decorazioni a stucco sono particolarmente degradate e in alcune parti mancanti. Intervento di restauro: pulitura attenta senza alterare spigoli e parti emergenti. Lesene laterali in laterizio, già precedentemente descritte presentano sigillature di parti metalliche ancora innestate e che devono essere eliminate. Intervento di restauro: eliminazione delle superfetazioni e procedimento di pulizia analogo al punto 1. Balcone nobile presenta intonaco di calce per un’altezza di circa 160 centimetri: l’intonaco è molto sporco. Intervento di restauro: abrasione per l’asportazione del pulviscolo e degli strati di pittura sovrapposti, valutazione della corretta stabilità dell’intonaco, rispristini con malta di calce e tinteggiatura a calce con colore grigio identico alla potenziale velatura grigia da apporre sull’intera facciata dopo la pulizia. Degrado dei giunti di malta di allettamento tra le pietre di facciata. Intervento di restauro: stilatura dei giunti sotto-livello con malta di calce idraulica e inerti di tonalità coerente a quelli esistenti, si evidenzia la necessità di tamponare a fresco con nero-fumo i giunti per mantenere la colorazione storicizzata. Si dovrà utilizzare rinzaffo, arriccio e stabilitura con intonaco di malta di calce NHL 3,5 miscelata a inerti tonalizzati, pittura finale a calce di colore grigio e rigorosamente confezionata in cantiere da miscelare con una percentuale di grassello di calce stagionato per rendere più morbido l’impasto e simile all’originale (che era a grassello). Parapetti in ferro battuto del balcone nobile e del balcone nord- occidentale, grata della lunetta sopra il portone principale. Pulizia da realizzare con sabbiatura prevedendo successivamente una mano di fondo all’acqua con potere riempitivo e buona dilatazione; in successione si potrà utilizzare smalto all’acqua; gli smalti per ferro a base acqua possiedono elevata l’elasticità, che li rende particolarmente resistenti allo sfogliamento, alta resistenza ai raggi U.V. e all’ingiallimento. Si propone una vernice opaca trasparente. Il portone ligneo in noce dell’ingresso principale deve essere preventivamente smontato dalla sua sede e portato in uno spazio idoneo al suo trattamento che verrà eseguito con uno sverniciante all’acqua che garantisca il mantenimento della patina antica, potranno essere utilizzati raschietti e bisturi per la pulizia profonda con dovuta perizia. Il trattamento finale potrà essere realizzato con un impregnante a base di cere e oli naturali, valutando la necessità di pigmentazione. Deve essere assolutamente evitato l’impiego di prodotti a base sintetica. Dissuasori per volatili con eliminazione di quelli esistenti. Generatore d’impulsi elettrostatici con relativo quadro elettrico di alimentazione/sezionamento pari a protezione di:  Piano superiore degli architravi curvilinei delle n°5 finestre del terzo ordine (n°2 linee attive di impianto con traverse).  Cornice di base degli architravi curvilinei delle n°5 finestre del terzo ordine (n°2 linee attive di impianto con traverse).  Piano superiore degli architravi a timpano delle n°4 finestre del terzo ordine (n°2 linee attive di impianto con traverse).  Lesene su doppia profondità balcone nobile n°2 linee attive di impianto con traverse).  Cornice di base degli architravi a timpano delle n°4 finestre del terzo ordine (n°2 linee attive di impianto con traverse).  Bordo anteriore del canale di gronda.  N°4 raccordi orizzontali dei pluviali. Androne Come suggerito dal restauratore Stefano Pulga nella sua relazione di indagine stratigrafica e di suggerimento al restauro e confermato dalla restauratrice Sara Leuratti, consulente restauratore per questo progetto, è da ritenere che l’obiettivo per l’androne è quello di riportare in luce la texture dell’intonaco originale tipo “marmorino”. Tale obiettivo è da realizzare con la rimozione meccanica delle scialbature sovrapposte alla materia originale delle decorazioni con effetto marmorino e delle pareti con malta lisciata beige sia per le pareti che per le volte. Successivamente sarà necessario asportare completamente tutte le risarciture cementizie realizzate andando a fondo ed inserendo nelle tracce ripulite nuovi cavidotti elettrici per l’illuminazione; prima di effettuare il rinzaffo di malta di calce si dovrà disporre un primer in latte di calce e proceder per strati fino all’arriccio e prima della stabilitura da pressare con cazzuola metallica rettangolare per ottenere l’effetto marmorino (Marmorino è un termine dal significato complesso, soventemente equivocato, e che include numerose accezioni a testimonianza di una innumerevole serie di variazioni nel corso della storia.   

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È chiamata “marmorino” la malta preparata con calce spenta (grassello di calce invecchiato) mescolata a polvere di marmo e utilizzata nelle decorazioni plastiche e/o come intonaco di finitura. Marmorino è anche sinonimo di stucco, quando l’impasto è trattato in modo da imitare la consistenza e la brillantezza di superfici in marmo. Il termine ‘marmorino’, più comunemente, è riferito ad un particolare tipo di intonaco (intonaco marmorato, intonaco a marmorino). Nel “Dizionario Tecnico” del 1884, alla voce ‘intonaco marmorato’ è riportato che: “Gli antichi romani facevano un intonaco colorito e lo davano in sei distinte mani che tutte insieme non oltrepassavano la grossezza di circa 27 millimetri: le prime tre erano di calce e sabbia, o rena comune, e rispondevano agl’intonachi ordinari presentemente in uso, le altre tre mani si davano con una pasta di calce e polvere di marmo e l’ultima mano era battuta con mestola di legno e quindi arrotata con marmo per fargli prendere un pulimento matto, ossia senza lustro. Su questo intonaco si davano i colori, che si mantenevano brillanti strofinandoli con cera strutta nell’olio purissimo e data a caldo. Quando era raffreddata, si faceva struggere di nuovo, avvicinando al muro un caldano e si lasciava che l’intonaco se ne imbevesse a saturazione”). Con i presupposti sopra citati sarà necessario al grassello di calce invecchiato aggiungere anche polvere di marmo da portare a saturazione. Segnalerò all’azienda esecutrice degli intonaci di nebulizzare acqua sulle superfici per alcuni giorni in modo da avere massima attenzione al ritiro. La restauratrice Sara Leuratti suggerisce che: il termine corretto è “tonachino” ovvero intonaco con inerte fine o finissimo a finitura lamata. Per non limitare l’intervento ai tre lati delle colonne e ai sott’archi dell’androne si procederà anche a ripulire e restaurare il fronte esterno verso la corte in modo da omogeneizzare questa parte del fronte interno: le strategie di restauro sono le stesse individuate per l’androne. L’asportazione meccanica si potrà realizzare con abrasione utilizzando una levigatrice orbitale da parete, utilizzando dischi specifici che abradono in modo leggero lasciando sempre la possibilità di controllo per non danneggiare l’intonaco di origine. Per le cornici si deve prevedere una dima metallica in acciaio inossidabile preformata con la modanatura di quelle originali per potere risarcire tutte le lacune con malta di calce fibro-rinforzata che garantisca la tenuta nel tempo; la dima avrà la funzione di regolarizzare la modanatura e di generare pressione per saturare la calce e dare alle cornici lo stesso effetto marmorino delle pareti. Con lo stesso procedimento delle cornici proseguirà a consolidare e ricomporre le cornici dei capitelli del piano terreno degli archi, questi di fatto sono cornici di analoga fattura a quella dell’imposta delle volte dell’androne Il passaggio finale è ovviamente quello della tinteggiatura la cui scelta è ovviamente minerale: si individua la calce. La possibilità di evitare eccessiva omogeneità per mantenere un assetto simile a quello originario caratterizzato da un effetto “nuvolato”. Nell’intervento complessivo è previsto anche il rifacimento dell’illuminazione che prevedo di realizzare con barre in alluminio verniciato di nero antracite che conterranno led da 8/10 watt/metro con temperatura del colore di 3000°K: le barre saranno appoggiate sulla parte superiore delle cornici e avranno anche la funzione di valorizzare le volte dell’androne. I trasformatori/alimentatori dei profili led dovranno essere nascosti sopra la cornice laddove è necessaria l’interruzione del profilo. Non prevedo di portare alimentazioni elettriche sulle colonne per evitare tracce e scassi. Rotture in traccia con risarcitura in malta a base cementizia oppure completamenti con cemento pronto. Intervento di restauro: Asportazione completa della malta cementizia con demolizione e completa asportazione di ogni particella cementizia con abrasioni, soffiatura e utilizzo di getto d’acqua terminale; rinzaffo, arriccio e stabilitura con intonaco di malta di calce NHL 3,5 miscelata a inerti tonalizzati, tessitura a marmorino e successiva pittura a velatura con colore da definire con la Soprintendenza. Graffiti realizzati con bombolette spray. Intervento di restauro: l’abrasione meccanica permette di asportare gli strati di pittura sovrapposti nei secoli e di raggiungere il livello di intonaco di origine a marmorino. Graffiti con solchi meccanici. Intervento di restauro: l’abrasione meccanica permette di asportare gli strati di pittura sovrapposti nei secoli e di raggiungere il livello di intonaco di origine a marmorino. Eventuali solchi più profondi che abbiano intaccato la superficie originale verranno rasati. Forature oppure graffi generati dall’appoggio di biciclette Intervento di restauro: l’abrasione meccanica permette di asportare gli strati di pittura sovrapposti nei secoli e di raggiungere il livello di intonaco di origine a marmorino. Eventuali solchi più profondi che abbiano intaccato la superficie originale verranno rasati. Tinteggiature sporche e non omogenee comprese le volte (anche tinteggiature grigie realizzate per occultare scritte varie). Intervento di restauro: l’abrasione meccanica permette di asportare gli strati di pittura o scialbatura sovrapposti nei secoli e di raggiungere il livello di intonaco di origine a marmorino; potrà essere utilizzato anche una de-scialbatura con sverniciatore specifico all’acqua. Necessario nelle risarciture aggiungere al grassello di calce invecchiato anche polvere di marmo da portare a saturazione con pressione da esercitare con la cazzuola americana. Cornici di imposta delle volte rotte nelle parti di sommità e degradate da rotture in molte altre parti. Intervento di restauro: impiego di malta di calce NHL 5 fibro-rinforzata con impiego di dima in acciaio inossidabile AISI 304, finitura finale a marmorino e differenziazione del colore rispetto alle pareti e alla volta. Fregio a stucco posto internamente al portone di ingresso principale da Via Porte Pretoriane. Intervento di restauro: Il fregio presenta pitture sovrapposte e sufficiente integrità, durante i lavori di restauro si ritiene fondamentale preservarlo e procedere ad una specifica stratigrafia per valutarne cromia ed eventuale consolidamento. Corpi illuminanti superati e in parte degradati con fili elettrici esposti e poco coerenti. L’eliminazione delle “bocce” trasparenti nell’androne è necessaria per inserire corpi illuminanti non visibili costituiti da barre in alluminio bianche a led 10W da posizionare sopra le cornici orientali. Durante i lavori di eliminazione degli scassi a parete sarà possibile insediare cavidotti in materiale termoplastico sotto traccia per condurre alimentazione alle barre a led che saranno dotate anche di trasformatori di piccole dimensioni (pacchetto di sigarette) da fissare sopra le cornici della parte nord orientale e funzionali all’illuminazione della volta a botte. Nella parte centrale dove la composizione delle volte è a crociera abbiamo ritenuto di dovere posizionare sempre barre a led da collocare sopra alle cornici delle lesene che garantisca l’illuminazione alla superficie a botte generata dall’accesso principale all’androne; analogamente per la parte laterale con asse est-ovest. Pavimentazione in pietra dell’androne presenta i giunti completamente scollegati e privi di malta, essa inoltre mostra una notevole quantità di macchie nere dovute all’incollaggio delle gomme da masticare sputate sul suolo che ritengo debbano essere eliminate. Intervento di restauro: La pulizia delle pietre potrà essere realizzata analogamente a quella del balcone esterno con l’impiego quindi di Nasier 01 e di una pulizia generale e l’intasamento dei giunti con malta di calce NHL 5 (per avere maggiore resistenza meccanica) tonalizzata di grigio. Nuovo cancello. Il nuovo cancello è frutto di un progetto specifico concordato con la Soprintendenza e con l’assemblea condominiale: l’esigenza di inserire un nuovo cancello pedonale a ridosso del portone ligneo di Via Porte Pretoriane è nata dal fatto che di notte la chiusura del portone è divenuta difficoltosa e la sua mancata chiusura favorisce atti vandalici e soprattutto offre spazio a bisogni corporei di varia natura e ad azioni di danno alla persona. Il condominio per scongiurare i fenomeni sopra descritti, dopo la chiusura del bar, ha ritenuto che un cancello possa essere la scelta idonea per scongiurare avventori indesiderati. Il cancello verrà posizionato a circa un metro e venti di distanza dal portone ligneo e sarà dotato di apertura laterale pedonale e di apertura completa per garantire il passaggio di derrate e mobilio. Esso sarà costituito da profilati scatolari rettangolari 80x40 in spessore 4 mm che costituiranno la struttura portante del sistema ancorato alle murature laterali e a pavimento (anche i montanti che realizzano i due settori del cancello saranno scatolati 80x40). I tubolari verticali saranno scatolati quadri 15x15 con spessore 2 mm, le piatte orizzontali 30x10 mm. La composizione individuata consente di affermare che la geometria è contemporanea, leggera quasi trasparente, ma la costruzione è di fatto tradizionale con profilati metallici usuali e la colorazione in colore antracite opaca si omogeneizzerà ai due cancelli già esistenti. Render del progetto del cancello. Serramenti Il rilievo di dettaglio effettuato per ogni serramento della facciata settentrionale ha evidenziato profonde carenze sotto il profilo della conservazione e della tenuta all’aria e all’acqua: i serramenti esistenti hanno esaurito da molto tempo le qualità intrinseche alla loro funzione. La sostituzione è necessaria, malgrado il fatto che in pratica tutti gli appartamenti che prospettano su Via Porte Pretoriane, che quindi sono interessati dalla facciata settentrionale, non sono occupati da tempo prolungato e il degrado è ovviamente aumentato. I serramenti saranno in legno di pino di Svezia lamellare con spessore di 70 mm per 58 mm per potere ospitare il doppio vetro basso emissivo con gas argon. Lo spessore di 58 mm laterale consente di mantenere inalterata l’immagine complessiva generata dai serramenti attuali, con particolare riferimento al piano nobile. I serramenti manterranno la scansione di quelle ampie della parte centrale con ogni pannello quadripartito. Per l’approvazione ritengo necessaria la produzione alla Soprintendenza e al condominio del modello angolare del prodotto che verrà individuato e condiviso con la Soprintendenza.